VERDE URBANO: tra teoria ecologista e pratica di desertificazione
14-02-2023 10:40 - News Generiche
Abbiamo atteso per settimane che i primi passi falsi della nuova Amministrazione pattese nella gestione del verde urbano fossero rivisti, ma alle soglie della primavera dobbiamo arrenderci all'evidenza che tra vecchio e nuovo non solo non cambia la musica, ma addirittura si accelera verso una metodica desertificazione della nostra cittadina: dalle spietate capitozzature natalizie alla Marina, privata completamente del suo centrale viale alberato in Via Cristoforo Colombo, si è passati infatti alla cosiddetta “pulizia” del Parco Comunale, in cui, dopo il competente intervento estivo degli stagionali della Forestale, è subentrata l'eliminazione radicale di erba, cespugli ed alberi d'alto fusto (i cui ultimi esemplari andrebbero forse ormai numerati e proposti per la conservazione come specie in via d'estinzione), fino alle nuove capitozzature in largo Falcone-Borsellino, che priveranno quello spazio di ogni ombreggiatura e del canto degli uccelli: invano “primavera d'intorno brillerà nell'aria”! Chissà perché gli amministratori pattesi sono convinti che la pulizia del verde coincida con la pulizia dal verde!
E la cosa peggiore è che questi risultati sono il frutto di una sostanziale continuità di ditte esterne incaricate (ditte edili, non esperte nella cura del verde), di una totale assenza di programmazione botanica, e di metodi di appalto che lasciano a queste ditte edili campo libero nel rendere gli spazi del verde urbano sempre più simili a polverose aree di cantiere.
Questa pratica di desertificazione contrasta per di più con l'astratta teoria sulla riduzione dell'anidride carbonica per la prevenzione climatica, in cui gli alberi urbani giocano un ruolo fondamentale, come hanno compreso le principali capitali europee, che perseguono grandi interventi di nuove piantumazioni. A Patti, dove da anni si persegue una scellerata politica di tagli degli alberi d'alto fusto, manca un piano comunale di rimboschimento collinare, che contribuisca anche alla prevenzione delle frane, e non si piantano più nuovi alberi in città (a parte quella ventina di alberi nani come aranci amari ed ulivi bonsai seminati dalla Giunta Aquino tra Piazza San Nicola – già privata dei suoi splendidi 11 tigli quasi secolari – e la Marina – dove si erano lasciati morire per mancanza di cure le palme ed i pini marittimi del lungomare).
Ricordiamo infine, come esempio di teoria inutile, che nel giugno scorso il Comune di Patti aveva redatto, con la collaborazione di 5 tecnici esterni, il PAESC 2020-2030 (Piano d'Azione per l'Energia Sostenibile ed il Clima), uno dei tanti documenti stilati solo per ottemperare alle esigenze di monitoraggio locale, nell'ambito degli obiettivi per uno sviluppo sostenibile (riduzione di gas serra e di consumi energetici ed aumento delle fonti rinnovabili) che l'Unione Europea periodicamente si dà (e poi purtroppo periodicamente rinvia), in cui si indicava tra gli obiettivi da raggiungere quello della piantumazione di 5.000 alberi in 10 anni per la riduzione dell'anidride carbonica, con un costo di 250 euro per albero. Un costo che ci consente di quantificare il danno inflitto al territorio dallo scellerato taglio di alberi d'alto fusto e dalla morte lenta inflitta loro dalle periodiche potature radicali.
E la cosa peggiore è che questi risultati sono il frutto di una sostanziale continuità di ditte esterne incaricate (ditte edili, non esperte nella cura del verde), di una totale assenza di programmazione botanica, e di metodi di appalto che lasciano a queste ditte edili campo libero nel rendere gli spazi del verde urbano sempre più simili a polverose aree di cantiere.
Questa pratica di desertificazione contrasta per di più con l'astratta teoria sulla riduzione dell'anidride carbonica per la prevenzione climatica, in cui gli alberi urbani giocano un ruolo fondamentale, come hanno compreso le principali capitali europee, che perseguono grandi interventi di nuove piantumazioni. A Patti, dove da anni si persegue una scellerata politica di tagli degli alberi d'alto fusto, manca un piano comunale di rimboschimento collinare, che contribuisca anche alla prevenzione delle frane, e non si piantano più nuovi alberi in città (a parte quella ventina di alberi nani come aranci amari ed ulivi bonsai seminati dalla Giunta Aquino tra Piazza San Nicola – già privata dei suoi splendidi 11 tigli quasi secolari – e la Marina – dove si erano lasciati morire per mancanza di cure le palme ed i pini marittimi del lungomare).
Ricordiamo infine, come esempio di teoria inutile, che nel giugno scorso il Comune di Patti aveva redatto, con la collaborazione di 5 tecnici esterni, il PAESC 2020-2030 (Piano d'Azione per l'Energia Sostenibile ed il Clima), uno dei tanti documenti stilati solo per ottemperare alle esigenze di monitoraggio locale, nell'ambito degli obiettivi per uno sviluppo sostenibile (riduzione di gas serra e di consumi energetici ed aumento delle fonti rinnovabili) che l'Unione Europea periodicamente si dà (e poi purtroppo periodicamente rinvia), in cui si indicava tra gli obiettivi da raggiungere quello della piantumazione di 5.000 alberi in 10 anni per la riduzione dell'anidride carbonica, con un costo di 250 euro per albero. Un costo che ci consente di quantificare il danno inflitto al territorio dallo scellerato taglio di alberi d'alto fusto e dalla morte lenta inflitta loro dalle periodiche potature radicali.