SOVRANISTI PER CASO: L’ITALIA IN SVENDITA
05-06-2023 09:24 - News Generiche
Dopo l'arrivo trionfale al governo italiano dei partiti sovranisti (Fratelli d'Italia e Lega), era logico aspettarsi una politica economica antiglobalista ed una politica estera di contrapposizione alle organizzazioni sovranazionali (come l'Unione Europea e la Nato), in nome di una piena riconquista dell'indipendenza nazionale.
Niente di tutto questo invece, anzi l'opposto.
Riguardo all'ECONOMIA c'è stato da subito in effetti un segnale inequivocabile: il cambio di nome del Ministero dello Sviluppo Economico in “Ministero delle imprese e del Made in Italy” ha rivelato come non si puntasse a far crescere complessivamente l'economia italiana (in un'ottica magari più autarchica), ma a sostenere solo le imprese che esportano, disinteressandosi di salvaguardare il mercato interno e puntando esclusivamente ad una politica di bassi salari. Ciò ha colpito i ceti medio-bassi (ed alla lunga colpirà, per il contrarsi le vendite, il piccolo e medio commercio, a cui è inutile poi strizzare l'occhio per un allentamento dei controlli sull'evasione fiscale) ed ha determinato un momentaneo aumento della produzione, non solo grazie all'export, ma anche alla crescita del turismo (estero, naturalmente, dato che per gli italiani è sempre più difficile praticarlo), a vantaggio essenzialmente delle maggiori imprese “delle vacanze” e tra queste soprattutto di quelle balneari, rimaste senza concorrenza (dato che l'Italia ha rifiutato di mettere a bando le spiagge demaniali) e favorite dall'aumento di una manovalanza stagionale da sfruttare liberamente, grazie alla soppressione del reddito di cittadinanza ed all'estensione dell'uso dei voucher (e non c'è da stupirsi, del resto, dato che il Ministro del Turismo italiano è titolare di una tra le più grandi di queste imprese). A portare i turisti in Italia, peraltro, non ci sarà più neanche una compagnia aerea di bandiera, svenduta da poco alla Germania, dopo anni di inutile salasso patriottico delle finanze italiane. Ai piccoli gestori del turismo balneare resterà il cosiddetto “turismo di prossimità”, cioè l'andata al mare “mordi e fuggi” di chi abita nell'immediato retroterra e non può più permettersi neanche una casa in affitto per qualche settimana. Più che “prima gli italiani”, lo slogan adatto sembra: “vadano pure al diavolo lavoratori e consumatori italiani”. A peggiorare la situazione dei ceti medio-bassi, inoltre, c'è il permanere di un alto livello di inflazione, dato che la crescita dei prezzi in Europa non nasce da un aumento della domanda di consumi (come negli USA), ma da un aumento della domanda per investimenti e, quindi, delle materie prime.
In POLITICA ESTERA il sovranismo nostrano si è rivelato ancora più sorprendente: dopo aver promesso la “fine della pacchia” al governo di Bruxelles ha aderito subito con entusiasmo all'austerità comunitaria, guadagnandosi il plauso di quei tanto deprecati burocrati europei (tanto a pagare i tagli dei servizi sociali saranno gli italiani) e si è asservito totalmente alla dominazione USA in Europa, tramite la NATO, a favore della quale si sono accettate scelte sfavorevoli all'economia Italiana e spese militari esorbitanti (ma in fondo anche le armi sono prodotti made in Italy da esportare!), nell'illusoria attesa di un “affare ricostruzione in Ucraina”, a favore di imprese italiane da far lavorare fuori dall'Italia (naturalmente!) ma “a guerra finita” (cioè chissà quando). Si vocifera sempre più inoltre di un ritorno della leva militare obbligatoria, perché il quadro generale scivola rapidamente verso un coinvolgimento anche di uomini sul fronte ucraino, dopo il massacro delle truppe locali, destinato ad aumentare con la preannunziata “controffensiva”: ottima soluzione alla disoccupazione giovanile italiana dilagante! Il riaccendersi del fronte Kosovaro, del resto, avvicina ai nostri confini una guerra che l'Italia avrebbe avuto tutto l'interesse a fermare, se avesse agito per conto proprio e non per conto USA, nel cui interesse il governo pseudo-sovranista si è speso anche in Africa, per fare dell'Italia un hub, cioè uno snodo, per rifornire l'Europa di materie energetiche alternative a quelle russe, ma senza disturbare di fatto il monopolio statunitense di gas liquido.
Gli Italiani svantaggiati da queste politiche al momento si limitano a non votare ed a barcamenarsi nelle pieghe di un'economia illegale (che va dal lavoro nero all'evasione fiscale, dal piccolo spaccio alla prostituzione occasionale), a cui in molti si sono limitati a ritornare dopo la soppressione dei sussidi sociali, ben tollerata e supportata dall'eliminazione di controlli e di regole.
Bisogna dire che questa nuova destra tradisce persino l'idea nazionalistica di Stato “forte”, indebolendo la magistratura e le autorità indipendenti, prefigurando una maggiore distribuzione di poteri alle Regioni più ricche a danno del Governo centrale e confinando le forze dell'ordine a scopi di contrasto ad un'immigrazione, che non si ha idea di come gestire.
Una destra nazionalista davvero particolare, insomma. E se il referente ideologico del nostro maggior partito sovranista è il ventennio fascista, bisogna dire che questa nuova destra si è allontanata completamente dal proprio retroterra storico, ma peggiorando, più che modernizzando: del resto mentre il regime mussoliniano servì a puntellare, nella prima metà del ‘900, la debole monarchia sabauda in un periodo di forza degli Stati nazionali, al governo meloniano tocca oggi gestire faticosamente il loro tramonto, mascherando con slogan sovranisti l'affermazione di una nuova globalizzazione a trazione americana, con l'enorme incognita che una possibile sconfitta militare dell'Occidente possa aprire scenari imprevisti di destabilizzazione internazionale e di tragico tracollo della posizione italiana.
Niente di tutto questo invece, anzi l'opposto.
Riguardo all'ECONOMIA c'è stato da subito in effetti un segnale inequivocabile: il cambio di nome del Ministero dello Sviluppo Economico in “Ministero delle imprese e del Made in Italy” ha rivelato come non si puntasse a far crescere complessivamente l'economia italiana (in un'ottica magari più autarchica), ma a sostenere solo le imprese che esportano, disinteressandosi di salvaguardare il mercato interno e puntando esclusivamente ad una politica di bassi salari. Ciò ha colpito i ceti medio-bassi (ed alla lunga colpirà, per il contrarsi le vendite, il piccolo e medio commercio, a cui è inutile poi strizzare l'occhio per un allentamento dei controlli sull'evasione fiscale) ed ha determinato un momentaneo aumento della produzione, non solo grazie all'export, ma anche alla crescita del turismo (estero, naturalmente, dato che per gli italiani è sempre più difficile praticarlo), a vantaggio essenzialmente delle maggiori imprese “delle vacanze” e tra queste soprattutto di quelle balneari, rimaste senza concorrenza (dato che l'Italia ha rifiutato di mettere a bando le spiagge demaniali) e favorite dall'aumento di una manovalanza stagionale da sfruttare liberamente, grazie alla soppressione del reddito di cittadinanza ed all'estensione dell'uso dei voucher (e non c'è da stupirsi, del resto, dato che il Ministro del Turismo italiano è titolare di una tra le più grandi di queste imprese). A portare i turisti in Italia, peraltro, non ci sarà più neanche una compagnia aerea di bandiera, svenduta da poco alla Germania, dopo anni di inutile salasso patriottico delle finanze italiane. Ai piccoli gestori del turismo balneare resterà il cosiddetto “turismo di prossimità”, cioè l'andata al mare “mordi e fuggi” di chi abita nell'immediato retroterra e non può più permettersi neanche una casa in affitto per qualche settimana. Più che “prima gli italiani”, lo slogan adatto sembra: “vadano pure al diavolo lavoratori e consumatori italiani”. A peggiorare la situazione dei ceti medio-bassi, inoltre, c'è il permanere di un alto livello di inflazione, dato che la crescita dei prezzi in Europa non nasce da un aumento della domanda di consumi (come negli USA), ma da un aumento della domanda per investimenti e, quindi, delle materie prime.
In POLITICA ESTERA il sovranismo nostrano si è rivelato ancora più sorprendente: dopo aver promesso la “fine della pacchia” al governo di Bruxelles ha aderito subito con entusiasmo all'austerità comunitaria, guadagnandosi il plauso di quei tanto deprecati burocrati europei (tanto a pagare i tagli dei servizi sociali saranno gli italiani) e si è asservito totalmente alla dominazione USA in Europa, tramite la NATO, a favore della quale si sono accettate scelte sfavorevoli all'economia Italiana e spese militari esorbitanti (ma in fondo anche le armi sono prodotti made in Italy da esportare!), nell'illusoria attesa di un “affare ricostruzione in Ucraina”, a favore di imprese italiane da far lavorare fuori dall'Italia (naturalmente!) ma “a guerra finita” (cioè chissà quando). Si vocifera sempre più inoltre di un ritorno della leva militare obbligatoria, perché il quadro generale scivola rapidamente verso un coinvolgimento anche di uomini sul fronte ucraino, dopo il massacro delle truppe locali, destinato ad aumentare con la preannunziata “controffensiva”: ottima soluzione alla disoccupazione giovanile italiana dilagante! Il riaccendersi del fronte Kosovaro, del resto, avvicina ai nostri confini una guerra che l'Italia avrebbe avuto tutto l'interesse a fermare, se avesse agito per conto proprio e non per conto USA, nel cui interesse il governo pseudo-sovranista si è speso anche in Africa, per fare dell'Italia un hub, cioè uno snodo, per rifornire l'Europa di materie energetiche alternative a quelle russe, ma senza disturbare di fatto il monopolio statunitense di gas liquido.
Gli Italiani svantaggiati da queste politiche al momento si limitano a non votare ed a barcamenarsi nelle pieghe di un'economia illegale (che va dal lavoro nero all'evasione fiscale, dal piccolo spaccio alla prostituzione occasionale), a cui in molti si sono limitati a ritornare dopo la soppressione dei sussidi sociali, ben tollerata e supportata dall'eliminazione di controlli e di regole.
Bisogna dire che questa nuova destra tradisce persino l'idea nazionalistica di Stato “forte”, indebolendo la magistratura e le autorità indipendenti, prefigurando una maggiore distribuzione di poteri alle Regioni più ricche a danno del Governo centrale e confinando le forze dell'ordine a scopi di contrasto ad un'immigrazione, che non si ha idea di come gestire.
Una destra nazionalista davvero particolare, insomma. E se il referente ideologico del nostro maggior partito sovranista è il ventennio fascista, bisogna dire che questa nuova destra si è allontanata completamente dal proprio retroterra storico, ma peggiorando, più che modernizzando: del resto mentre il regime mussoliniano servì a puntellare, nella prima metà del ‘900, la debole monarchia sabauda in un periodo di forza degli Stati nazionali, al governo meloniano tocca oggi gestire faticosamente il loro tramonto, mascherando con slogan sovranisti l'affermazione di una nuova globalizzazione a trazione americana, con l'enorme incognita che una possibile sconfitta militare dell'Occidente possa aprire scenari imprevisti di destabilizzazione internazionale e di tragico tracollo della posizione italiana.