FINANZIAMENTI PUBBLICI: la maledizione del Sud
13-07-2023 17:07 - News Generiche
In principio ci fu il Piano Marshall (ERP: European Recovery Program), ideato dagli Stati Uniti nel 1948, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, per aumentare la produzione economica nell’Europa devastata dalla guerra, introdurre modelli americani di impresa e di consumo e contrastare la diffusione dei partiti di sinistra (in Italia i prestiti furono condizionati alla vittoria elettorale della Democrazia Cristiana). L’ERP in Italia agevolò di fatto l’industria settentrionale, alimentando miseria e disoccupazione al Sud, in cui si creò un utile esercito di manodopera a basso costo, che iniziò ad emigrare in varie ondate verso l’Europa e l’Italia Settentrionale. L’erogazione di finanziamenti e prestiti si concluse nel 1952.
Poi venne la Cassa per il Mezzogiorno (CASMEZ), istituita nel 1950 dal governo De Gasperi per 10 anni, allo scopo di industrializzare anche il Meridione d’Italia, prorogata fino al 1984 ed infine sostituita dal 1986 al 1992 dall’AgenSud. La Cassa gestì una serie di interventi straordinari, finalizzati alla realizzazione del “Piano A.S.I” (Aree di Sviluppo Industriale), attraverso Consorzi promossi da Comuni, Province e Camere di Commercio. Il risultato di questo fiume di denaro pubblico straordinario e dei tanti prestiti a fondo perduto fu spesso fallimentare, perché i maxi-appalti per la costruzione di grandi infrastrutture lasciarono incompiute moltissime opere inutili, alimentando solo le politiche clientelari democristiane.
Dal 1996 arrivarono infine i finanziamenti europei, erogati tramite l’adesione a Bandi per la presentazione di Progetti, che, una volta selezionati, ricevono copertura in base ai livelli di avanzamento delle opere. È ormai leggendaria l’incapacità di molte Regioni meridionali di completare le tappe previste, con la relativa perdita dell’agevolazione finanziaria ed il proliferare di agenzie di ogni tipo, che garantiscono un’idonea progettazione, furbescamente plasmata sul bando di turno, ma slegata dalle necessità reali dei territori e proiettata come sempre a “far girare i soldi”, che girano ormai davvero poco, prima di ritornare tristemente al loro erogatore.
Oggi si spasima analogamente per il sempre più evanescente PNRR, che è riuscito a rivitalizzare vecchi progetti inutili e spesso irrealizzabili per difetti congeniti, in una corsa patetica dei vari livelli istituzionali a vantare finanziamenti possibili, posti di lavoro imminenti ed opere pubbliche come al solito spesso superflue, in una cornice inderogabile di ammodernamento legislativo e strutturale, che l’Italia non potrà realizzare perché profondamente lo rifiuta, dato che nelle cosiddette “disfunzioni” trova il suo terreno di coltura il clientelismo politico ed una vasta area di economia illegale, su cui si regge buona parte del “sistema meridione” (e non solo al Sud).
Ma il cancro dei finanziamenti pubblici è molto più metastatizzato di questa dimensione statale ed internazionale, con uno stillicidio continuo di aiuti consortili, provinciali e regionali, per lo più di modeste dimensioni, che hanno comunque il dono di trasformare in...peggio ciò che toccano, perché in ogni settore attivano uno stuolo di abituali cacciatori di soldi con poche idee e quelle poche mal copiate o sbagliate, finalizzate esclusivamente a rendere accettabile l’inclusione nel beneficio, agevolata quasi sempre da rapporti clientelari con chi lo gestisce.
Ciò che inizialmente era dettato da visioni innovative, da passione o da una logica di maggiore vivibilità del territorio diventa la consueta “pragmatica” capacità di “far girare i soldi” anche in ambiti ristretti di supporter politici e di persone capaci di adeguarsi a tutte le stagioni e a tutti i ruoli, ripagando appoggi elettorali ed “affinità elettive”. Così il nostro territorio annega nella superficialità e nella pseudocultura, con piccole opere pubbliche del tutto inutili che si sommano ad antichi ed analoghi scempi ed una serie di “attività” fini a se stesse, gestite a beneficio dei furbi di turno, mentre i cittadini si limitano ad assistere rassegnati, limitandosi a partecipare poco e a commentare sempre meno e salutando i giovani migliori, che sperano di trovare altrove ciò che qui non si trova.
La desertificazione del Sud non si riferisce solo al clima, ma ad un lungo processo di distruzione di un serio tessuto produttivo e culturale e di prostituzione delle anime.
Poi venne la Cassa per il Mezzogiorno (CASMEZ), istituita nel 1950 dal governo De Gasperi per 10 anni, allo scopo di industrializzare anche il Meridione d’Italia, prorogata fino al 1984 ed infine sostituita dal 1986 al 1992 dall’AgenSud. La Cassa gestì una serie di interventi straordinari, finalizzati alla realizzazione del “Piano A.S.I” (Aree di Sviluppo Industriale), attraverso Consorzi promossi da Comuni, Province e Camere di Commercio. Il risultato di questo fiume di denaro pubblico straordinario e dei tanti prestiti a fondo perduto fu spesso fallimentare, perché i maxi-appalti per la costruzione di grandi infrastrutture lasciarono incompiute moltissime opere inutili, alimentando solo le politiche clientelari democristiane.
Dal 1996 arrivarono infine i finanziamenti europei, erogati tramite l’adesione a Bandi per la presentazione di Progetti, che, una volta selezionati, ricevono copertura in base ai livelli di avanzamento delle opere. È ormai leggendaria l’incapacità di molte Regioni meridionali di completare le tappe previste, con la relativa perdita dell’agevolazione finanziaria ed il proliferare di agenzie di ogni tipo, che garantiscono un’idonea progettazione, furbescamente plasmata sul bando di turno, ma slegata dalle necessità reali dei territori e proiettata come sempre a “far girare i soldi”, che girano ormai davvero poco, prima di ritornare tristemente al loro erogatore.
Oggi si spasima analogamente per il sempre più evanescente PNRR, che è riuscito a rivitalizzare vecchi progetti inutili e spesso irrealizzabili per difetti congeniti, in una corsa patetica dei vari livelli istituzionali a vantare finanziamenti possibili, posti di lavoro imminenti ed opere pubbliche come al solito spesso superflue, in una cornice inderogabile di ammodernamento legislativo e strutturale, che l’Italia non potrà realizzare perché profondamente lo rifiuta, dato che nelle cosiddette “disfunzioni” trova il suo terreno di coltura il clientelismo politico ed una vasta area di economia illegale, su cui si regge buona parte del “sistema meridione” (e non solo al Sud).
Ma il cancro dei finanziamenti pubblici è molto più metastatizzato di questa dimensione statale ed internazionale, con uno stillicidio continuo di aiuti consortili, provinciali e regionali, per lo più di modeste dimensioni, che hanno comunque il dono di trasformare in...peggio ciò che toccano, perché in ogni settore attivano uno stuolo di abituali cacciatori di soldi con poche idee e quelle poche mal copiate o sbagliate, finalizzate esclusivamente a rendere accettabile l’inclusione nel beneficio, agevolata quasi sempre da rapporti clientelari con chi lo gestisce.
Ciò che inizialmente era dettato da visioni innovative, da passione o da una logica di maggiore vivibilità del territorio diventa la consueta “pragmatica” capacità di “far girare i soldi” anche in ambiti ristretti di supporter politici e di persone capaci di adeguarsi a tutte le stagioni e a tutti i ruoli, ripagando appoggi elettorali ed “affinità elettive”. Così il nostro territorio annega nella superficialità e nella pseudocultura, con piccole opere pubbliche del tutto inutili che si sommano ad antichi ed analoghi scempi ed una serie di “attività” fini a se stesse, gestite a beneficio dei furbi di turno, mentre i cittadini si limitano ad assistere rassegnati, limitandosi a partecipare poco e a commentare sempre meno e salutando i giovani migliori, che sperano di trovare altrove ciò che qui non si trova.
La desertificazione del Sud non si riferisce solo al clima, ma ad un lungo processo di distruzione di un serio tessuto produttivo e culturale e di prostituzione delle anime.