Lavoro nero e scelte sbagliate di governo del territorio.
25-09-2016 17:08 - Le inchieste
Si sostiene ancora in Italia che favorire gli imprenditori crei automaticamente lavoro e aumenti la ricchezza generale. In nome di questo dogma le autorità pubbliche sono sempre ben disposte a derogare alle regole di tutela dei lavoratori e dell´ambiente, pur di agevolare i mitici "investimenti" e non solo in campo industriale, ma anche nei servizi e nelle infrastrutture turistiche.
Anche nel nostro Paese Invisibile si è fatto finta di ignorare per anni (e si continua purtroppo a farlo) che la principale fabbrica pattese scaricava acque bianche e nere a pochi metri da uno dei pozzi di acqua potabile e che da tutta l´area industriale gli scoli di acqua piovana fluiscono liberamente nel torrente Ronzino e nel fiume Timeto, da cui si alimenta l´acquedotto comunale. Si sono chiusi occhi ed orecchie per tutelare una grande impresa di servizi, in cui non sono rari i malesseri tra gli operai e persino incidenti mortali e che è stata coinvolta, qualche anno fa, in un processo per inquinamento del fiume Timeto con rifiuti speciali ospedalieri. Si sono stesi tappeti rossi per accogliere imprenditori venuti dal Nord solo ad incassare le agevolazioni statali del jobs act ed a sfruttare spregiudicatamente consolidate tradizioni di produzione locale.
Si sono fatte inoltre a spron battuto (e vantandone il merito pubblicamente) tre modifiche al Piano Regolatore Generale (ormai scaduto e bisognoso di ben più seria revisione complessiva), per consentire la costruzione di due grandi complessi alberghieri in aree addirittura sottoposte a vincoli paesaggistici ed architettonici e per agevolare la creazione di un´area di sosta per i camper (priva di scarichi fognari e di allacci all´acqua potabile) su terreni agricoli che sono per di più oggetto di controversie giuridiche sulla legittima proprietà.
Tutto in nome degli "investimenti che portano lavoro" e, nonostante la triste realtà di scheletri edilizi che, dopo la distruzione delle antiche strutture preesistenti, non si è riusciti a completare nei tempi richiesti dai finanziamenti europei, e l´amara evidenza di una frazione costiera (a rischio di inquinamento dagli scarichi fognari) disertata per quasi tutta la stagione estiva dai turisti, si sono snocciolati, a sostegno della bontà delle scelte fatte, incontrollabili numeri sulle presenze turistiche nelle aree balneari e in quelle ad attrazione archeologica o religiosa.
Che dire oggi, però, quando la Guardia di Finanza rende noto che, solo nella seconda parte della stagione estiva di quest´anno, più del 20% dei lavoratori dipendenti controllati a Patti in aziende turistiche ed in strutture ricettive balneari e di intrattenimento sono risultati in nero e che, dunque, quella sbandierata occupazione non solo è periodica e precaria, ma anche sottopagata e senza tutele di orari e di condizioni di lavoro. Bisogna aggiungere anche che non sappiamo quanti di questi lavoratori siano residenti nella nostra area e quanti invece provengano da altre zone, inseguendo per tutta Italia il lavoro turistico nelle stagioni alte, o siano extracomunitari, come suggerirebbero i dati che avevamo raccolto qualche tempo fa al Centro per il Lavoro di Patti, che rivelavano una forte presenza di immigrati soprattutto per i lavori "invisibili" delle strutture ricettive (cucine e pulizie).
Non si può che trarre la conclusione che i costosi regali fatti ad alcuni imprenditori sono finiti tutti e solo in loro profitti e che continuare a violare le regole di tutela ambientale serve solo a degradare irrimediabilmente il nostro territorio ed a minare la nostra salute. Non a caso le imprese più solide e serie si sono localizzate fuori dal nostro Comune, in aree industriali ed artigianali ben diversamente attrezzate e regolate.
Insomma, il sacrificio del territorio e dei cittadini non vale certo il misero risultato di un momentaneo profitto per pochi, che non può indurre sviluppo né creare durature prospettive di lavoro.