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DOVE ANDRÀ L’ECONOMIA PATTESE?

31-03-2020 16:52 - News Generiche
Negli ultimi anni l’economia pattese ha scommesso essenzialmente sul TURISMO: hanno aperto nei rioni centrali vari bed&breakfast, nelle contrade e frazioni collinari e marine un buon numero di alberghi, agriturismo, centri di benessere e stabilimenti balneari e dappertutto ristoranti, pizzerie e bar.
Persino la perduta economia del Centro Storico è sembrata destinata a rinascere con iniziative di questo tipo, fortemente incoraggiate dall'Amministrazione comunale. La piazza del rione San Nicola, ad esempio, centro dagli anni ‘20 agli anni ‘70 del ‘900 del mercato alimentare (frutta e verdura, pesce, negozi di granaglie e piccole salumerie) e di rinomati negozi di merceria, abbigliamento, stoffe, scarpe, casalinghi e giocattoli, è sembrata destinata ad ospitare in un futuro prossimo almeno 4 tra bar, pizzerie, spaghetterie e paninerie, capaci di dirottare nel Centro Storico il turismo balneare ed una parte della gioventù pattese, spalmata solitamente tra gli innumerevoli locali del lungomare.
Alla Marina, d’altra parte, si è spesa buona parte del bilancio comunale, anche se non sempre felicemente, a giudicare almeno dal Pontile, a cui finora, “per motivi tecnici”, nessuna imbarcazione ha mai potuto attraccare, e da un piccolo Parco Giochi dalla controversa progettazione, divenuto subito obiettivo preferito di diabolici piccioni, che ha divorato in pochi mesi più di 300.000 euro di inefficaci interventi pubblici.
Soprattutto sul lungomare (ma anche nei rioni storici) si sono organizzati comunque, a sostegno degli investimenti turistici, eventi, spettacoli musicali e “serate a tema”, che hanno animato l’estate, l’autunno, il capodanno e il carnevale.
L’arrivo dei turisti non è stato oceanico né duraturo, ma sufficiente a far venire voglia all'amministrazione di imporre una tassa di soggiorno, sulla cui utilizzazione abbiamo già detto in altre occasioni e stendiamo in questa sede un velo pietoso.
Poi di colpo quest’anno, sulle strade ancora imprudentemente affollate dal Carnevale pattese, si è abbattuto il coprifuoco dell’epidemia di coronavirus: prima ferme le scuole e confinati in casa i giovani, poi chiusi negozi, bar, ristoranti, cinema e teatri, palestre, librerie, parchi, cantieri edili, ecc. Aperti ed in ottima salute economica solo supermercati ed alimentari, presi d’assalto per la smania di fare scorte da tempo di guerra e di giocare al piccolo chef, forse per morire almeno sazi ed ingrassati (anche per la contemporanea assenza di passeggiate ed attività sportive).
Una breve pausa necessaria? Un sacrificio che sarà coronato con un trionfale ritorno al passato? Purtroppo non sembra, sia perché nessuno è in grado di prevedere la durata della fase acuta dell’epidemia, sia soprattutto perché per almeno un anno e mezzo non ci saranno né vaccini, né cure efficaci, né certezza di immunità per i guariti, dato che il virus, oltre ad essere molto contagioso, è insolitamente mutante.
In una situazione di questo tipo, perciò, non si potrà puntare, almeno per diversi mesi, né sul turismo di massa né su feste, eventi e “serate”, nonostante l’ottimismo d’obbligo di alcuni giovani operatori, che attendono fiduciosi il ritorno sul lungomare di una folla giovanile (e non), oggi tristemente perduta e isolata di fronte a schermi elettronici.
Dove andrà allora l’economia pattese? Annasperà al tubo delle erogazioni pubbliche, ufficialmente destinate ad una mitica “ripresa” e poi assorbite di fatto da un consumo parassitario o dall'accumulazione finanziaria (per non parlare dei sempre rigogliosi canali dell’economia sommersa ed illegale?).
Forse più che prepararsi ad un imminente ritorno al passato sarebbe il caso di prendere in considerazione le previsioni più realistiche, che disegnano un futuro indelebilmente modificato, immaginando in fretta una possibile riconversione delle iniziative economiche esistenti e ripensando più in generale tutta la politica economica pattese, dato che l’unica impresa destinata a restare salda sarà forse quella lavanderia industriale, che ha fatto le proprie fortune non solo su alberghi e ristoranti, ma soprattutto sugli ospedali e le residenze assistite.
Quali altri settori potranno affrontare infatti una prospettiva di diradamento dei rapporti sociali, di allentamento del commercio a lunga distanza e di immaginabili divieti di grandi raduni?
Il "Paese Invisibile" aveva proposto (e in parte messo in pratica) negli anni recenti alcuni scenari che appaiono sostenibili anche in queste condizioni: avevamo pensato, ad esempio, di ripartire dalla piccola agricoltura tradizionale, destinata soprattutto al consumo locale, grazie anche a quel nostro “Mercato delle erbe” (riservato rigorosamente solo ad agricoltori pattesi e dei comuni confinanti), che avevamo creato con discreto successo nel rione San Nicola-Buccirìa. Avevamo suggerito di puntare su un turismo non di massa, creando itinerari storico-culturali fruibili autonomamente da piccoli gruppi di visitatori, con il supporto solo degli abitanti dei rioni e di una cartellonistica adeguata. Avevamo auspicato un sostegno al piccolo artigianato tradizionale indipendente ed una riscoperta dell’artigianato di alta qualità (dalle sartorie alle ebanisterie), un tempo fiorente in città, che avrebbe potuto trovare una propria vetrina ideale nei grandi palazzi inutilizzati del Centro Storico. Avevamo suggerito la creazione di piccole botteghe di teatro e di musica (in particolare nel Centro Storico), destinate a pochi spettatori, ma con spettacoli periodici ed avevamo raccolto l’esigenza di una rete di servizi sanitari diffusa sul territorio, più vicina all'utenza e alle sue diverse esigenze.
Avevamo anche condiviso l’idea di un piccolo porticciolo, aperto ad un turismo ben diverso da quello di massa balneare o da quello delle grandi crociere (che si è cercato più volte di attirare verso Patti), più in grado, forse, di apprezzare un consumo enogastronomico di qualità e le ricchezze archeologiche, architettoniche e naturali del nostro territorio.
Non sappiamo oggi con certezza se queste idee siano ancora una soluzione concreta e se c’è una parte della società pattese intenzionata a condividerle e a farle funzionare, ma ci sembra che seguano una direzione che appare obbligata: quella di abbandonare le grandi aggregazioni (e cioè i concerti estivi mordi e fuggi, i raduni di massa con immancabile fruizione rapida di cibi e bevande, le sfilate in maschera di folle anonime, gli eventi culturali di largo consumo, la musica sparata a tutto volume, che monopolizza gli spazi sonori), per puntare a riscoprire dimensioni più ridotte, ad esaltare le abilità ed a coltivare la capacità attenta di osservazione e di ascolto.
Facciamo allora tesoro dell’epidemia, per aprire una fase nuova di transizione economico-culturale verso una realtà sociale diversa dalla presente ed apriamo subito un dibattito sul tema, sforzandoci magari, almeno in questa occasione, di approfondire i problemi, più che di tifare a priori per la soluzione preferita.


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