STORIA DI ARAN E DELLA SUA VOGLIA DI VIVERE
27-08-2024 10:59 - La foto della settimana
Aran è un gattino arancione di nemmeno due mesi, che ha avuto la sfortuna di nascere, con altri due fratellini, da una giovanissima mamma di neanche un anno, nel Centro Storico di Patti, in una piazzetta silenziosa, a metà strada tra la chiesa di San Nicola e quella di San Giuseppe: una piazzetta pubblica e carrabile, ma che chi ci abita, con una concezione privatistica ed arrogante, purtroppo non rara in molti pattesi, considera una sorte di corte privata, in cui decidere chi può o non può accedere e da cui cacciare chi non è gradito.
Il primo fratellino di Aran è morto in circostanze che non conosciamo, già durante l’allattamento. Una seconda sorellina era nata con un grave problema agli occhi. Al momento dello svezzamento abbiamo iniziato a curarla, pur lasciandola accanto alla mamma per proseguire l’allattamento, ma la cosa non ha fatto piacere a qualche abitante della piazzetta, che ha pensato bene di risolvere il problema annaffiando i due superstiti cuccioli con abbondanti getti d’acqua. La piccola cieca, incapace di spostarsi con velocità, è stata inzuppata e, anche se, appena l’abbiamo trovata, fredda e tremante, abbiamo tentato di asciugarla e riscaldarla, la mattina dopo è morta. Alle nostre proteste per questo gratuito atto di crudeltà, aveva risposto qualcuno da un balcone della piazza, invitandoci piuttosto a non tornare più ad aiutare i gatti.
Il primo pensiero è stato quello di denunziare il fatto, ricorrendo all’art. 544 ter del Codice Penale, in base al quale “Chiunque, per crudeltà o senza necessità cagiona una lesione ad un animale (…) è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro.(…) La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell'animale”. Ma dopo alcune discussioni con gli abitanti della zona abbiamo evitato di ricorrere ad una denunzia che troppo spesso, come sanno bene tanti amanti degli animali, non va avanti, grazie anche all'omertà inspiegabile che scatta a proteggere i colpevoli di questi gesti, considerati ancora veniali da troppe persone. Ci eravamo illusi, comunque, che l’eliminatore di turno desistesse dalla sua opera.
Pochi giorni dopo, invece, il piccolo Aran, un batuffolo arancione in ottima salute, è sparito. Abbiamo saputo dopo, ricostruendo testimonianze e fatti, che qualcuno lo aveva chiuso in un sacchetto e lo aveva gettato dall'auto nella zona della Villa Comunale. Qui Aran aveva trovato rifugio nel cofano di un’auto in sosta e poi a sera, liberato faticosamente da lì, era stato sfamato da mani generose, ma lasciato per strada, nella speranza che lo recuperasse la madre, troppo lontana, però, per sentire il suo disperato pianto durato tutta una notte e la mattina dopo, finché il suo persecutore, timoroso di aver attirato troppa attenzione, non ha pensato bene di spostarlo ancora più lontano, sotto il sole cocente del ciglio della strada statale (nella zona detta “del Canapè”), dove Aran, nonostante ormai duramente provato, ha continuato a piangere ad a chiedere aiuto, finché un giovanissimo e generoso ciclista ha avuto pietà di lui e lo ha portato a casa. Avvisati dalla sua mamma, avevamo prima pensato che fosse impossibile che il gattino fosse arrivato da solo così lontano e stentavamo a credere a tanto accanimento contro di lui. Solo l’insistenza della sua nuova famiglia ci ha convinti a tentare di riportarlo alla mamma-gatta, che ci ha dato poi la certezza che si trattava proprio di lui. Nonostante la loro felicità nel ritrovarsi però abbiamo pensato, sperando che a poco a poco la mamma-gatta si rassegni alla sua perdita (avendolo rivisto sano e tranquillo), che il gattino avrebbe rischiato la vita se lo avessimo lasciato lì e lo abbiamo lasciato alla sua nuova, splendida famiglia, dotata della rara capacità di credere e di insegnare ai propri figli che un cittadino non può accontentarsi di coltivare solo i propri interessi privati, ma che debba cercare di migliorare come può, anche con piccoli gesti, la comunità in cui vive.
Così la sconfinata voglia di vivere di Aran ha alla fine sconfitto la bassezza e la crudeltà di quelli che stentiamo a definire uomini, perché, come scriveva Elio Vittorini, nella sua “Conversazione il Sicilia”, “non ogni uomo è uomo e non tutto il genere umano è genere umano”. Non è uomo, infatti, chi infligge dolore e gode del dolore inflitto ad un altro vivente. E non possiamo non coinvolgere nella condanna quanti tentano di coprire i colpevoli e rendono impossibile così denunziarli e fermarli.
A quanti pensano che “in fondo sono solo animali” ci piacerebbe far vedere la disperazione delle madri private dei cuccioli e far sentire il grido disperato di animali ancora troppo piccoli per sopravvivere da soli. Molti cosiddetti uomini avrebbero molto da imparare dai cosiddetti animali.
Il primo fratellino di Aran è morto in circostanze che non conosciamo, già durante l’allattamento. Una seconda sorellina era nata con un grave problema agli occhi. Al momento dello svezzamento abbiamo iniziato a curarla, pur lasciandola accanto alla mamma per proseguire l’allattamento, ma la cosa non ha fatto piacere a qualche abitante della piazzetta, che ha pensato bene di risolvere il problema annaffiando i due superstiti cuccioli con abbondanti getti d’acqua. La piccola cieca, incapace di spostarsi con velocità, è stata inzuppata e, anche se, appena l’abbiamo trovata, fredda e tremante, abbiamo tentato di asciugarla e riscaldarla, la mattina dopo è morta. Alle nostre proteste per questo gratuito atto di crudeltà, aveva risposto qualcuno da un balcone della piazza, invitandoci piuttosto a non tornare più ad aiutare i gatti.
Il primo pensiero è stato quello di denunziare il fatto, ricorrendo all’art. 544 ter del Codice Penale, in base al quale “Chiunque, per crudeltà o senza necessità cagiona una lesione ad un animale (…) è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro.(…) La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell'animale”. Ma dopo alcune discussioni con gli abitanti della zona abbiamo evitato di ricorrere ad una denunzia che troppo spesso, come sanno bene tanti amanti degli animali, non va avanti, grazie anche all'omertà inspiegabile che scatta a proteggere i colpevoli di questi gesti, considerati ancora veniali da troppe persone. Ci eravamo illusi, comunque, che l’eliminatore di turno desistesse dalla sua opera.
Pochi giorni dopo, invece, il piccolo Aran, un batuffolo arancione in ottima salute, è sparito. Abbiamo saputo dopo, ricostruendo testimonianze e fatti, che qualcuno lo aveva chiuso in un sacchetto e lo aveva gettato dall'auto nella zona della Villa Comunale. Qui Aran aveva trovato rifugio nel cofano di un’auto in sosta e poi a sera, liberato faticosamente da lì, era stato sfamato da mani generose, ma lasciato per strada, nella speranza che lo recuperasse la madre, troppo lontana, però, per sentire il suo disperato pianto durato tutta una notte e la mattina dopo, finché il suo persecutore, timoroso di aver attirato troppa attenzione, non ha pensato bene di spostarlo ancora più lontano, sotto il sole cocente del ciglio della strada statale (nella zona detta “del Canapè”), dove Aran, nonostante ormai duramente provato, ha continuato a piangere ad a chiedere aiuto, finché un giovanissimo e generoso ciclista ha avuto pietà di lui e lo ha portato a casa. Avvisati dalla sua mamma, avevamo prima pensato che fosse impossibile che il gattino fosse arrivato da solo così lontano e stentavamo a credere a tanto accanimento contro di lui. Solo l’insistenza della sua nuova famiglia ci ha convinti a tentare di riportarlo alla mamma-gatta, che ci ha dato poi la certezza che si trattava proprio di lui. Nonostante la loro felicità nel ritrovarsi però abbiamo pensato, sperando che a poco a poco la mamma-gatta si rassegni alla sua perdita (avendolo rivisto sano e tranquillo), che il gattino avrebbe rischiato la vita se lo avessimo lasciato lì e lo abbiamo lasciato alla sua nuova, splendida famiglia, dotata della rara capacità di credere e di insegnare ai propri figli che un cittadino non può accontentarsi di coltivare solo i propri interessi privati, ma che debba cercare di migliorare come può, anche con piccoli gesti, la comunità in cui vive.
Così la sconfinata voglia di vivere di Aran ha alla fine sconfitto la bassezza e la crudeltà di quelli che stentiamo a definire uomini, perché, come scriveva Elio Vittorini, nella sua “Conversazione il Sicilia”, “non ogni uomo è uomo e non tutto il genere umano è genere umano”. Non è uomo, infatti, chi infligge dolore e gode del dolore inflitto ad un altro vivente. E non possiamo non coinvolgere nella condanna quanti tentano di coprire i colpevoli e rendono impossibile così denunziarli e fermarli.
A quanti pensano che “in fondo sono solo animali” ci piacerebbe far vedere la disperazione delle madri private dei cuccioli e far sentire il grido disperato di animali ancora troppo piccoli per sopravvivere da soli. Molti cosiddetti uomini avrebbero molto da imparare dai cosiddetti animali.