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SCRITTI SU PATTI: due aggiornamenti con i saggi di Rinaudo e di Lo Iacono

16-05-2019 10:19 - News Generiche
Aggiorniamo la nostra bibliografia sulle opere dedicate al nostro paese (contenuta nella sezione “Scritti su Patti” del Menù di testa del sito), inserendo due nuovi saggi.
Il primo, intitolato “ AD UNIONEM”, è stato curato da don Basilio RINAUDO ed è stato pubblicato nel 2016 dalla casa editrice “L’Ascesa” di Patti; contiene un’Antologia Fotografica del ministero episcopale di mons. Ignazio Zambito nella Diocesi di Patti (conclusosi nel 2017, dopo la sua rinuncia al governo pastorale per raggiunti limiti di età, accolta da Papa Francesco), corredata da alcuni articoli, che illustrano gli eventi. Il saggio offre ai fedeli e a tutti i pattesi un’occasione per ricordare, con la vivacità che solo le immagini sanno mantenere, momenti importanti della storia della Diocesi e della memoria collettiva del nostro territorio.
Il secondo, intitolato “PATTI. TERRA DEI MITI (dal XV sec. a.C. al XX sec. d.C.)”, è opera del narratore pattese Nino Lo Iacono, fertile autore di romanzi, racconti e poesie, che per la seconda volta (dopo il libro “Nauloco e Diana Facellina” del 1997) si cimenta con un saggio di storia locale. Il testo, pubblicato nel luglio del 2018 dalla casa editrice “Kimerik” di Patti, si presenta complesso sin dal titolo, sia per la notevole estensione temporale (35 secoli), che per la voluta mescolanza della ricerca archeologica e della cronaca storica con lo scivoloso terreno del “mito”, una materia che solo una rigorosa contestualizzazione religiosa, sociale, antropologica e letteraria può proteggere da generiche e sterili interpretazioni simboliche. Lasciando comunque al lettore il compito di scoprire la ricchezza di informazioni e la pluralità di riferimenti contenuta nel saggio, ci limitiamo qui ad indicare quelli che a nostro parere sono i non pochi pregi di questo lavoro ed alcune lacune, che ne limitano (almeno in questa prima edizione) le potenzialità.
Uno dei pregi è senza dubbio quello di partire da un’epoca della storia di Patti anteriore alle fonti scritte (inaugurate dal famoso diploma con cui nel 1094 il normanno Ruggero d’Altavilla assegnava all'abate di Lipari il monastero pattese del SS. Salvatore), per cercare nelle testimonianze archeologiche memorie preistoriche e protostoriche ignorate dai testi e realtà immuni dalle distorsioni ideologiche inevitabili nei manoscritti (e ancora di più nelle fonti tarde). Del resto il suo contributo privilegia, come afferma lui stesso, “la ricerca sul campo”, grazie anche alla fusione tra la personale passione per l’archeologia e l’attività professionale (svolta per molto tempo anche nell'Ufficio Tecnico del Comune di Patti), che gli hanno conferito un’approfondita conoscenza del nostro territorio.
Proprio per questo, però, dispiace che l’autore non si confronti qui con i pochi ricercatori di storia locale che lo avevano preceduto in questa direzione, come Giuseppe Arlotta, autore del saggio “Patti prima di Patti”, edito nel 1996 (soprattutto per le ipotesi sulla Villa Romana e le grotte di contrada Monte), e Nino Cadili, autore del libro “Il Castello di Patti dal Mille al Duemila. Cronaca di un sito fortificato” pubblicato nel 2000 (per le ipotesi riguardanti il sito della Cattedrale).
Un secondo grande merito di Lo Iacono è quello di sottolineare come i ritrovamenti occasionali e le testimonianze monumentali siano stati spesso volutamente cancellati, rinterrati o colpevolmente ignorati dalle istituzioni pubbliche, che al contrario dovrebbero tutelarli. A partire dal 1958, quando i lavori di costruzione di una strada provinciale distrussero nella contrada San Cosimo del Comune di Patti molti reperti utili a identificare un probabile tempio greco (attestato oggi solo da un grande basamento in pietra), al 1973, quando la Villa Romana di Patti, venuta alla luce casualmente durante i lavori di costruzione dell’autostrada Messina-Palermo, riuscì ad evitare (grazie anche al suo duplice ruolo di tecnico e di Presidente della Pro-Loco) la sorte toccata ai ritrovamenti della vicina Oliveri (nottetempo saccheggiati e rinterrati). E poi ancora nel 1978, quando durante il restauro eseguito dalla Soprintendenza di Catania furono “cancellate numerose testimonianze storico-artistiche”. Non migliore la cura della Soprintendenza messinese, da tempo informata (anche dallo stesso Lo Iacono) sia sui ritrovamenti di un posto di guardia sul Monte Perrera (sotto cui anticamente arrivava il mare e si apriva un porto), sia sulle affascinanti grotte rupestri di contrada Monte (che potete vedere nella foto accanto), ma del tutto latitante nel porne la tutela e nell'approfondirne lo studio.
Dispiace invece in questo saggio, soprattutto a chi si accosta con spirito scientifico alle testimonianze antiche, l’abuso di miti (dovuto forse ad un eccessivo rilievo dato all'apporto di dei, santi, re ed eroi nella storia umana) e di toponimi (non sempre corredati da osservazioni scientifiche sui passaggi linguistici), che finiscono con il gettare un’ombra di dubbio anche su ritrovamenti ed osservazioni personali valide ed interessanti, che meriterebbero invece di essere prese in seria considerazione dagli studiosi ufficiali, spesso lontani dalle realtà del territorio ed esperti in un uso partigiano delle fonti scritte.
Evidenziamo infine tra i meriti del testo (tra cui va citata la giusta rivalutazione dell’influsso arabo nella cultura materiale del territorio) una rilettura interessante ed originale dell’operato dei vescovi pattesi nel complesso periodo della prima metà del ‘900 ed il prolungamento della storia pattese (anche sotto l’aspetto economico ed amministrativo) alla seconda metà di questo intenso “secolo breve”, ancora troppo poco indagato e discusso a livello locale (ed anche su questo dispiace la mancata citazione dell’essenziale testo di Nicola Adamo, “Le istituzioni comunali pattesi nella prima Repubblica”), ma fondamentale per comprendere e correggere le tare politiche, sociali ed economiche, che ci affliggono ancora, in questo primo ventennio del 2000.
Invitiamo per questo l’autore a confrontarsi più apertamente con i lettori, compresi quelli più critici, senza accontentarsi delle lodi conformiste di chi dubitiamo abbia letto davvero il testo, anche per rafforzare una vasta presa di coscienza sull'esigenza di tutelare lo straordinario patrimonio materiale (prima che mitico) del nostro territorio.
Un compito a cui il suo saggio può dare un contributo importante.


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